l colore rosso invade spesso le inquadrature di Carrie, il cult firmato Brian De Palma che ha consacrato la fortuna cinematografica di Stephen King (il quale, spesso critico sulle versioni cinematografiche dei suoi libri, ha sempre amato questo film). Adattando il primo romanzo del grande maestro della narrativa horror nordamericana, il più ‘tecnico’, teorico, citazionista dei registi della new Hollywood costruisce una perfetta e barocca macchina del terrore, in cui il sangue diviene mezzo, simbolo e infine conseguenza di una maturazione adolescenziale mai così spietata. Fondamentale il corpo attoriale di Sissy Spacek, capace di esprimere la più violenta delle fragilità. Non le è da meno l’allucinata madre interpreta da Piper Laurie (entrambe si guadagnarono una meritata nomination agli Oscar). Carrie è anche un’opera seminale, che aprirà la strada agli slasher movie adolescenziali degli anni a venire: senza questo film non ci sarebbero state le saghe di Halloween, Venerdì 13 e Scream (e forse neanche le commedie scolastiche come Animal House). Di una cosa potete star certi: griderete di paura fino all’ultimo secondo.