Crash

Crash di David Cronenberg rappresenta la porta principale per entrare in una “realtà” schizoide ed entusiasmante come solo quella di James G. Ballard può essere.

Tra paesaggi mentali e strane fusioni di corpi – gli uomini-macchina non sono che un esempio – due delle più fervide fantasie del Novecento danno vita ad uno spettacolare ibrido in grado di abbattere qualunque confine tra cinema e letteratura.
La scoperta di nuovi e sconosciuti piaceri ultraterreni, che il regista James e la moglie Catherine sperimenteranno dopo l’incontro col perverso Vaughan e i suoi assatanati stunt-men, somiglia a quella di chi assiste a questa inquietante “danza macabra” senza poter più riuscire a non guardare.

Qualcosa di indicibile sembra legare la psiche, la sessualità e gli scontri automobilistici. È una dimensione che nel romanzo di James G. Ballard e nel film di Cronenberg prende una connotazione che potremmo definire epidemica. La serie dei Car Crash di Warhol, le ferite sul corpo, le protesi in metallo, le automobili ridotte a lamiere piegate, le cicatrici da baciare: i personaggi si muovono nel film in una specie di trance. Vaughan e i coniugi Ballard. La berlina nera del presidente Kennedy. L’incidente mortale di Jayne Mansfield. Dall’alto di un grattacielo è possibile osservare il flusso ipnotico delle automobili sui raccordi autostradali.

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