Una trentacinquenne portatrice della sindrome di Down, esuberante e trascinatrice, sa organizzare da sola la sua vita ma vive ancora insieme ai genitori, Luigi e Maria. Quando Maria muore all’improvviso, gli equilibri familiari vanno in frantumi. Luigi sprofonda nella depressione e Dafne non è solo spinta a confrontarsi con la perdita ma deve anche sostenere il genitore. Finché un giorno accade qualcosa di inaspettato: insieme decidono di affrontare un trekking in montagna, diretti al paese natale di Maria. Lungo il cammino, scopriranno molte cose l’uno dell’altra e impareranno entrambi a superare i propri limiti.
Federico Bondi un giorno ha visto in strada un padre anziano insieme a una figlia affetta dalla sindrome di Down e ha iniziato a chiedersi come potesse essere la loro vita.
Da lì è nata una sceneggiatura che però sarebbe rimasta chiusa nel file di un computer se il regista non avesse incontrato quella letterale forza della Natura che risponde al nome di Carolina Raspanti che ha messo se stessa in Dafne e ha, al contempo, trasferito Dafne in sé. Perché Carolina, come ha dichiarato il regista, non ha letto un rigo della sceneggiatura che è stata rispettata ma anche adattata di volta in volta grazie alla piena consapevolezza da parte dell’attrice della propria condizione.
Bondi ha avuto la capacità di intuire che Carolina/Dafne non andava ‘guidata’ ma accompagnata nel film perché solo così avrebbe potuto venire progressivamente in luce (e manifestarsi in tutta la sua pienezza nell’on the road finale) la complessità e al contempo la linearità di un’esistenza alla cui base sta una sincerità profonda che accomuna tutti i Down. Che sanno essere anche crudeli e ruvidi (come Dafne lo è col babbo) perché capaci di cogliere i punti deboli altrui e di portarli allo scoperto non per cattiveria ma per la costante ricerca di un rapporto che sia privo di finzioni.