«Rapiniamo banche». La saga di Clyde Barrow e Bonnie Parker, leggendari rapinatori realmente esistiti nell’America della grande depressione, inizia come una farsa spensierata e finisce in un bagno di violenza. Warren Beatty venne a conoscenza della sceneggiatura tramite François Truffaut, ne acquistò i diritti e ingaggiò Arthur Penn, reduce dal successo teatrale e cinematografico di Anna dei miracoli. Come Beatty giustamente prevedeva, Penn diede una forma poetica alla tragedia e il risultato fu un film di grande sensibilità, sospeso tra realtà e fantasia. Musica banjo, città fantasma, fattorie immerse nella polvere, strade nei boschi, fotografia d’epoca, Gangster story è girato come una leggenda folk. Il critico David Thomson scrisse: «Un film che si rifà alla tradizione gangster degli anni ’30 con un tono rinvigorito da anni ’60. Un’opera contro il sistema, una storia d’amore e una parabola sull’illusione della celebrità in America».