Il pluripremiato Clint Eastwood torna a vestire il doppio ruolo di regista e attore con una storia vera. Scritto da Nick Schenk (lo stesso sceneggiatore di Gran Torino), racconta di Earl Stone, un orticoltore che inizia a lavorare come corriere della droga. Earl Stone, un uomo di circa 80 anni rimasto solo e al verde, è costretto ad affrontare la chiusura anticipata della sua impresa, quando gli viene offerto un lavoro per cui è richiesta la sola abilità di saper guidare un auto. Compito semplice, ma, ciò che Earl non sa è che ha appena accettato di diventare un corriere della droga di un cartello messicano. Nel suo nuovo lavoro è bravo, così bravo che il suo carico diventa di volta in volta più grande e per questo motivo gli viene assegnato un assistente. Questi non è però l’unico a tenere d’occhio Earl: il misterioso nuovo “mulo” della droga è finito anche nel radar dell’efficiente agente della DEA, Colin Bates (interpretato da Bradley Cooper, con cui torna a collaborare dopo American Sniper).
E anche se i suoi problemi di natura finanziaria appartengono ormai al passato, i suoi errori affiorano e si fanno pesanti nella testa, portandolo a domandarsi se riuscirà a porvi rimedio prima che venga beccato dalla legge… o addirittura da qualcuno del cartello stesso.
Eastwood dichiara: «Volevo una storia capace di riflettere molte odissee e di raccogliere i cambiamenti di diverse generazioni». C’è tanto del mitico Clint Eastwood in Earl Stone: i sogni, i rimpianti, le certezze. Così, la sua trentasettesima regia, potrebbe essere il suo ultimo film. Il testamento metaforico di uno dei più grandi autori della storia del cinema americano.