1864. Ludwig von Wittelsbach, incoronato Re di Baviera, è un solitario, un’esteta con tendenze omosessuali, è il mecenate di Richard Wagner. Il rapporto con il musicista diventa ragione di diverse delusioni e quello con la cugina Elisabeth è diventato la ragione di continui turbamenti. La sua unica attenzione è costruire castelli: Neuschwanstein, Linderhof, Herrenchiemsee. Sempre più lontano dalla realtà di corte si ritira nella solitudine dei suoi castelli fino a quando viene dichiarato pazzo. Due giorni dopo viene ritrovato annegato nel lago della sua ultima dimora.
Visconti è qui maggiormente interessato alla vita privata del sovrano rispetto agli eventi storici che, seppur presenti, restano sullo sfondo. Se ne La caduta degli dei, primo capitolo della “trilogia tedesca”, Visconti vuole rappresentare la corruzione della classe borghese (che per Visconti ha la massima responsabilità nell’ascesa del nazismo) e nel secondo, Morte a Venezia, rappresenta la condizione di un’artista ordinario che pur di primeggiare vende l’anima al diavolo, nel terzo e ultimo capitolo, Ludwig, narra la follia di un sovrano che preferisce governare con l’arte piuttosto che con la politica. Corruzione, ambizione e follia sono le tre pietre di paragone per leggere, in controluce, la “trilogia tedesca” firmata da Luchino Visconti.