L’ascesa e la caduta della dinastia degli Amberson, tra amori mai consumati, rigide convenzioni sociali e l’avvento dell’automobile. Orson Welles aveva appena sconvolto Hollywood con l’esordio più leggendario della storia del cinema, Quarto potere. Stava per farsi strada l’idea che un regista potesse essere anche un artista. I tempi non erano però del tutto maturi e a rimetterci fu il secondo film di Welles, abbreviato di 45 minuti e distribuito con un finale rigirato da Robert Wise. Poco male, perché nonostante le manomissioni L’orgoglio degli Amberson rimane lirico e struggente quanto il suo illustre predecessore.